Il Sudafrica ha l’obiettivo di superare la geografia dell’apartheid: le smart cities sono pre
sentate come la soluzione a questa sfida dal governo e dagli imprenditori edili. L’articolo
analizza il progetto della Smart City di Lanseria a Johannesburg e il suo potenziale per
il compimento del diritto alla città intelligente nel contesto di una società profondamente
diseguale. Lo scritto indaga inoltre su quanto e come tale proposta di trasformazione ur
bana abbia una propria coerenza interna. Sulla base di una ricerca qualitativa fondata su
interviste ed analisi di documenti, intendo dimostrare che le città intelligenti nella forma
di città pianificate ex novo si presentano come un’ultima iterazione di uno sviluppo urbano
diseguale, e che il loro studio aiuta a comprendere la natura delle relazioni tra lo stato e i
residenti urbani. Contrariamente a quanto previsto, il loro potenziale trasformativo e demo
cratico è vanificato dal conflitto sul loro significato e sulle aspettative dei diversi attori, oltre
che dalla mancanza di una visione istituzionale coesa. Per questo motivo, la costruzione di
città intelligenti ex novo non porta alla formazione di contesti urbani in cui i residenti han
no eguali opportunità di accedere ai servizi e quindi mina il diritto alla città intelligente.
In accordo con gli studi attuali sulle smart city e sulle nuove città pianificate in Sudafrica,
sostengo che nel caso di Lanseria il concetto di smart city è vago e astratto, e che per questo
il suo potenziale trasformativo è diluito.